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Musica

Scappucci: “L’emozionante debutto alla Scala con Pozzolo nel cuore”

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Dai ricordi d’infanzia in provincia di Alessandria fino alla maestosa cornice della Scala di Milano, dove è andata in scena con “I Capuleti e i Montecchi” di Vincenzo Bellini. Nella serata di martedì 18 gennaio, Speranza Scappucci ha scritto un’importante pagina di storia, diventando la prima donna italiana a dirigere all’interno del prestigioso teatro meneghino. Nata a Roma nel 1973, non dimentica le sue salde radici piemontesi. Sua mamma è infatti originaria di Pozzolo Formigaro.

La sua carriera la sta portando in giro per il mondo, ma quali sono ancora oggi i suoi legami con Pozzolo?

Io sono nata e cresciuta a Roma, ma sono fiera di essere pozzolese per metà. Mia mamma Maria Piera è nata lì. È un territorio che amo molto. Lì ho ancora i miei cugini, che sono venuta a trovare per l’ultima volta a settembre. A maggio ho in programma alcuni concerti tra Milano e Genova e sicuramente troverò l’occasione di tornarci. Quando sono nel nord-ovest per lavoro, cerco sempre di passare e di andare anche a trovare i miei cari al cimitero.

Un legame che quindi è ancora molto forte…

Ad agosto, quando ero piccola, ero sempre a Pozzolo. Ricordo ancora di quando andavo in bicicletta verso Novi per raccogliere le more e di quando di pomeriggio andavo a prendere il gelato alla crema da Ugo, al Bar Centrale. Un grande classico.

Ha mai pensato di fare un concerto da queste parti?

C’è la volontà di farlo. Sono in parola con il sindaco di Pozzolo per fare un concerto sulla piazza del castello. Non sappiamo ancora quando, ma è un sogno che spero si realizzi presto. Bisogna solo incastrare i vari impegni, che non è mai semplice. Sarebbe anche bello poter fare un concerto al Teatro Marenco di Novi, da poco riaperto.

Quali sensazioni ha provato martedì, in occasione della serata alla Scala?

È stata una grande emozione. Quando sono entrata in buca ho sentito un calore e un’energia del pubblico davvero particolari. Questo mi ha dato l’energia per poter creare qualcosa di speciale. Credo che il pubblico in sala abbia potuto percepirlo e per fortuna è andata bene. La Scala era piena. Si è percepito l’amore per l’opera e per il teatro dal vivo. Noi artisti stiamo facendo di tutto affinché la diffusione della musica e della cultura non si fermi. Dopo il blocco totale della prima ondata di pandemia, ora si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel.

Preferisce essere chiamata direttore o direttrice?

Credo che la parola “direttrice” esista e vada utilizzata. In tutte le lingue dove esiste una declinazione, come il tedesco o il francese, si usa. Anche sul poster della Scala c’è scritto appunto “direttrice”.

Come si è preparata a questa grande opportunità, arrivata dopo il forfait obbligato di Evelino Pidò?

Il mio pensiero è subito andato a lui, di cui ho un’enorme stima. So cosa significhi doversi tirare indietro all’ultimo dopo tanto lavoro e dispiace molto quando un collega deve cancellare un impegno. Era una partitura che avevo eseguito nel 2013 e volevo capire se nelle 12 ore che avevo a disposizione per ripassarla sarei stata in grado di farcela. Dopo una breve riflessione ho accettato e mi sono messa subito al lavoro. Alla fine è andato tutto bene, grazie anche alla collaborazione dei miei colleghi.

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