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Territorio

Il parere del sindaco di Alessandria sull’accoglienza di altri migranti e minori non accompagnati

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ALESSANDRIA- La risposta scritta sui social in merito alla proposta che arriva direttamente da Roma

Giorgio Abonante

Cresce anche sulla nostra città la richiesta di accoglienza di persone migranti (molti sono minori non accompagnati) formulata dal Governo. È doveroso per la nostra comunità mettersi a disposizione.

Mi permetto di fare qualche considerazione. La prima: oggi il problema è recuperare spazi adatti ma soprattutto avere personale qualificato disponibile. Dopo il blitz dell’allora Ministro Salvini, sostanzialmente replicato nel cosiddetto Decreto Cutro, che dimezzò le risorse a disposizione dell’accoglienza ci si trova in una situazione in cui è difficile reperire personale preparato visto che negli ultimi anni si sono create le condizioni per rendere appetibile, e sostenibile, l’accoglienza solo a soggetti che possano accogliere centinaia di persone e quindi assicurarsi un margine sui grandi numeri (a tutto dispetto della qualità dei servizi offerti) . L’esatto contrario di quell’accoglienza diffusa che dovrebbe rappresentare lo standard del sistema incardinato nell’esperienza del SAI (co gestito dagli enti locali) ed evocato in questi giorni anche dal Governatore Zaia e da diversi Sindaci del Nord Est, a dimostrazione di come bisogni, problemi (e soluzioni) non abbiano colore politico.

L’effetto boomerang di questo approccio ideologico oggi lo deve affrontare la Presidente Meloni e non può permettersi di scaricare tutto il peso sui Comuni. E lo deve fare non solo per cortesia istituzionale, diciamo così, ma per precisi obblighi di legge che il Governo in primis deve rispettare (a cominciare dai minori per cui la legislazione italiana, tra le più avanzate al mondo, prevede tutta una serie di tutele e guarentigie per il solo fatto di essere minorenni, a prescindere cioè dalla nazionalità, titolo di protezione, ecc. ecc.)“.

La seconda: le Province possono dare una grande mano soprattutto se vogliono riacquisire credibilità agli occhi dei Comuni in vista dello auspicato ritorno all’elezione diretta dei Presidenti.
La Terza: Se vogliamo ragionare seriamente di sviluppo, coesione, solidarietà e comunità occorre mettere mani e piedi (e testa) sul tema immigrazione. Per farlo non serve la propaganda della destra, che segna già il passo in modo clamoroso, e nemmeno il solidarismo etico che appare ai più vago e di maniera. Ed è proprio sulla dimensione locale che si potrebbero sperimentare progetti in grado di tenere assieme tutti i livelli istituzionali e gli investitori privati per alzare il profilo e la qualità della domanda e dell’offerta di lavoro, mixare immigrazioni di diverso tipo e dimostrare alla cittadinanza che la convivenza non è solo possibile ma auspicabile. Da questo punto di vista lo strumento a disposizione c’è già: il SAI. Un dispositivo, ampiamente perfettibile in particolare sul tema della volontarietà (cioè non obbligatorietà dello strumento), ma già diffuso e rodato e che nel prevedere un ruolo centrale dell’ente locale e della rete territoriale va a costruire soluzioni sartoriali sulle esigenze e i bisogni dei territori e che non si limita alla mera “accoglienza”, ma costruisce per rifugiati e titolari di protezione occasioni di scambio, formazione e lavoro, insomma di sviluppo per tutta la comunità.

Europa, Stati e Regioni si devono convincere che potenziando le istituzioni e le economie locali si potrebbero far crescere le nostre comunità su principi di crescita, sviluppo e solidarietà. Oggi invece assistiamo all’ennesima crisi causata forse dalla volontà di determinare condizioni di sfruttamento beneficiando dei flussi incontrollati di chi fugge dalla fame e dalle condizioni politiche impraticabili dei Paesi di provenienza.”

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