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Cronaca

Il Nord Ovest vittima del dissesto idrogeologico

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Non c’è città, nel Nord Ovest, che non sia a rischio idrogeologico. La popolazione piemontese ha impressa, nella propria mente, la tragedia che ha portato con sé l’alluvione del 1994 o, anni dopo, l’evento calamitoso del 2016 o, ancora, l’incubo vissuto lo scorso 21 ottobre tra Piemonte, Liguria e Lombardia.

La città di Genova ricorda con i brividi l’alluvione che la colpì nel 2014, quando i torrenti esondarono, portando morte e distruzione. Un copione che si è ripetuto anche in altre, devastanti, occasioni, con la terra che si sgretola e la mano dell’uomo impotente di fronte a tanta veemenza. L’altro giorno l’ennesimo disastro in zone “sorprese” – ma neanche troppo, dicono gli esperti di settore – da un film che purtroppo si ripete a causa di un’incuria urbanistica che porta con sé ciò che è sotto gli occhi di tutti.

L’ultimo caso, quello di Limone Piemonte, nel Cuneese, sferzato da un’alluvione che ha portato con sé voragini e devastazione, farà parte di quella storia di “eventi estremi” che non solo devono far riflettere, ma scuotere le coscienze di chi governa un Paese in crisi da molti punti di vista e quello del dissesto idrogeologico è stato ed è fra i punti più dolenti di ogni agenda di governo.

Gli studi condotti da Legambiente attestano, nel corso di 10 anni, 95 eventi estremi in Piemonte, Liguria e Val d’Aosta su un totale di 894 in tutt’Italia, con un rischio medio di alluvione che interessa il 12,6% del territorio piemontese, il 5% di quello ligure e il 12% di quello valdostano. Si passa da periodi di estrema siccità a fenomeni temporaleschi così intensi (e con picchi di violenza inaudita come quello delle bombe d’acqua) da far registrare – come è successo venerdì scorso in Piemonte – oltre 60 centimetri d’acqua in 12 ore, metà di quelle di un anno. Collegato a questi numeri e secondo quanto riferito dall’ultimo monitoraggio Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), in Val d’Aosta, Liguria e Piemonte – dove il rischio frane è rispettivamente pari al 95%, al 58,1% e al 5,2% – le aree con criticità elevata o molto elevata superano i 4650 chilometri quadrati: una cifra che supera di quasi il quadruplo la superficie di Roma.

Sempre L’Ispra, abbinando la mappa frana-alluvioni, segnala come i comuni da monitorare siano 1.133 su 1201 in Piemonte, con una percentuale che supera il 99% nelle province di Asti, Cuneo e Alessandria. In Liguria i comuni sono 235 e 74 in Valle d’Aosta. Zone fragili e trascurate, perché il fatto che si faccia prevenzione elaborando i cosiddetti “piani di assetto idrogeologico” da parte delle autorità di bacino non corrisponde purtroppo ad una reale pianificazione ed intervento concreto da parte di chi dovrebbe essere preposto a tutelare, con opere e non scaricabarili di competenze, persone e cose dalla furia omicida di acqua e fango.

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