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Cronaca

Un’importante collezione archeologica sequestrata e ora restituita alla Soprintendenza Archeologica di Torino

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TORINO – Sono 86 i reperti sequestrati e confiscati dai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, che ora tornano nelle mani dello Stato.

Si conclude con la restituzione allo Stato italiano la vicenda investigativa che ha riguardato il sequestro e la confisca di un’importante collezione archeologica privata, costituita da 86 reperti di varia natura e provenienza, tra i quali spiccano meravigliose ceramiche attiche, apule, lucane e campane a figure rosse e buccheri etruschi di straordinario pregio.

Il recupero della collezione era avvenuto nel novembre del 2019, quando i discendenti di una famiglia torinese hanno rinvenuto i manufatti nel corso di una successione ereditaria. Aprendo le confezioni nelle quali le ceramiche erano avvolte, i familiari si sono subito resi conto della rilevanza dei beni archeologici che dovevano essere denunciati agli esperti archeologi della Soprintendenza torinese e ai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Torino.

Gli esami autoptici sui reperti condotti dalla Soprintendenza e le indagini di polizia giudiziaria hanno poi consentito di verificare che la collezione, estremamente eterogena in relazione all’origine geografica dei beni, era stata creata negli anni ’50 e ’60 attraverso l’acquisto degli oggetti sul mercato antiquariale. Vasi apuli a figure rosse e altre ceramiche figurate dell’Italia meridionale greca o indigena, ceramiche a vernice nera e a decorazione sovradipinta di provenienza italiota o siceliota, ma anche manufatti fittili di produzione etrusca a impasto e in bucchero, oltre ad altri reperti riconducibili a rinvenimenti in necropoli della Sardegna meridionale e a quattro anfore di età romana imperiale provenienti da recuperi sottomarini, sono gli elementi costitutivi della collezione.

I reperti, oltre a risultare privi di autorizzazione al possesso, erano in alcuni casi corredati da etichette identificative tali da ricondurre la loro provenienza dal mercato antiquariale italiano e straniero. Questi elementi indiziari, in uno con alcuni documenti rinvenuti dai Carabinieri e corrispondenti a cataloghi commerciali di aziende specializzate nel settore, ha consentito alla Procura della Repubblica di sostenere l’ipotesi di una derivazione illecita conseguente a escavazione clandestina. Nessuna responsabilità è stata individuata, invece, in capo agli ignari eredi che, diligentemente e senza ritardo, hanno proceduto ad avvisare le autorità preposte alla tutela del patrimonio culturale italiano.

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