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Economia

Economia: il Covid presenta il conto al Nord

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Oltre 10 miliardi di euro in fumo: il Covid presenta il conto al Nord Ovest non solo dal punto di vista sanitario con un drammatico tributo di vite umane, ma anche da quello economico.

È un “rosso” profondo quello che – secondo un’analisi della Svimez – l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – ricade sul giro di affari al Nord, bloccati al 40% durante il lockdown del 2020. In provincia di Torino è il settore metalmeccanico quello che ha sofferto di più con due addetti due tre che si sono fermati, nei servizi: uno su due.

La sofferenza è diffusa e, nell’anno appena passato, a causa delle restrizioni legate al Covid le imprese del commercio nel Torinese hanno registrato crolli di fatturato fra il 50% e il 75%, con punte fino al 90% per i comparti viaggi, eventi e discoteche.

Questa volta è l’Ascom a diffondere i dati di un comparto stravolto dalla pandemia, con alberghi e agenzie di viaggio con un fatturato crollato del 90%, guide turistiche con una caduta dell’80%, taxisti con le entrate dimezzate.

E ancora, impianti sportivi e scuole private di lingua al -80%, estetisti al -60%, la vendita di accessori e gioielleria al -50%, benzinai al -45%. Chi è cresciuto? Le farmacie (+25%) al pari del settore alimentare, a fronte del +80% fatto registrare dalle piattaforme dell’e-commerce. Nel solo Piemonte l’ondata Covid ha portato con sé 3,8 miliardi al mese perdite a causa del lockdown.

La media, pro capite, di conti in rosso, è pari a 874 euro (quella nazionale è di 788) per ogni mese di blocco. E se nel Cuneese decine di case di riposo – così come molte altre nel resto del Piemonte – hanno rischiato di fallire a causa del mancato turn-over nelle strutture, poi salvate da un piano regionale, nel Biellese il tessile è ko, così come il turismo nella zona del Verbano-Cusio-Ossola o nell’Astigiano, dove il crollo è stato pari a -60%, con solo il mondo del vino che ha retto.

Se poi la Valsesia ha pagato la crisi dello sci, il Vercellese si è però rifatta con il riso, ampliamente consumato durante i vari lockdown. Nell’Alessandrino, dove non si sono mai fermati il settore dell’alimentare e quello della chimica, è in sofferenza l’Outlet di Serravalle Scrivia che paga la quasi totale assenza di stranieri che garantivano mediamente il 40% del fatturato annuo di questo centro della moda internazionale.

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