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Cronaca

Fa troppo caldo e le fabbriche rischiano di fermarsi, crolla il consumo di carne

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Fa troppo caldo e le fabbriche rischiano di fermarsi. Il potenziale stop potrebbe essere motivato da un dato di fatto evidente: con 40 gradi il malore è dietro l’angolo, soprattutto per chi lavora in stabilimenti, accanto a macchinari, ma anche nei cantieri ed in campagna. Solo la scorsa settimana un operaio è morto a Rivoli.

E allora i sindacati ricordano quanto sia prioritario tutelare i lavoratori in ambienti non ventilati: lo si può fareapplicandoorari modificati o ridotti, introducendo più pause: si tratta di rispetto della salute, al servizio di lavoratrici e lavoratori che producono per la comunità. E c’è di più: a livello legislativo c’è proprio una legge – e lo ricorda pure una circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro – con tutte le istruzioni del caso. Il provvedimento è uscito insieme all’Inail, che a sua volta nei giorni scorsi ha diffuso un decalogo su come difendersi dai fenomeni climatici estremi destinati a imprese e lavoratori.

Informazioni che spiegano appunto come, in presenza di temperature che superano i 35 gradi, il lavoro vada fermato temporaneamente, certo, con l’attuazione da parte delle imprese della cassa integrazione ordinaria. Il caldo poi, nonostante, le poche ore di pioggia cadute al Nord, non gioca a favore del comparto carne: le vendite rispetto all’estate scorsa, sono calate del 15%. Confesercenti Torino segnala come i maggiori prodotti venduti nelle macellerie sono quelli tipici dell’estate come carni crude (battuta, tartare, albese) e petto di pollo.

In calo, in particolare, quelli da cuocere arrosto, vista la canicola. Più resilienti sono le macellerie che producono cibo da asporto, dove la riduzione delle vendite risulta minore rispetto alle classiche macellerie, in quanto commercializzano prodotti già pronti per il consumo, più pratici in estate. Anche in questi esercizi, comunque, si rilevano riduzioni di vendita di prodotti dal costo elevato. Un’incertezza economica che fa prediligere tagli meno pregiati e questo non aiuta un settore che viene da anni e anni di crisi, durante i quali molte attività sono state costrette alla chiusura.

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