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La Corte dei Conti accusa le regioni e il Piemonte risponde

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C’è anche il Piemonte tra le regioni prese di mira dalla Corte dei Conti che, nel report presentato al Parlamento, si scaglia contro le carenze organizzative nell’attuare piani per rafforzare l’assistenza sul territorio contro l’emergenza Covid.

Secondo quanto riportato nel dossier solo 13 regioni si sarebbero rimboccate le maniche, predisponendo una serie di misure per recuperare il tempo perso, vale a dire i ricoveri saltati, le visite di routine da riprogrammare così come le visite specialistiche annullate e non ancora rifissate.

Numeri che fanno rabbrividire e che – come sottolineato dalla Corte dei Conti – non hanno visto Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sardegna e la provincia autonoma di Bolzano rispettare i tempi come stabilito dal Decreto Agosto, che peraltro proprio per la revisione dell’assistenza territoriale aveva stanziato 734 milioni di euro. Il Piemonte, però non ci sta a passare per ultimo della classe e replica alle accuse, definendo le contestazioni mosse alla regione sabauda prive di fondamento sia per quanto riguarda il piano di assistenza territoriale che per quello di smaltimento delle liste di attesa.

“Documenti – ha ribadito l’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi – trasmessi al ministero della Salute lo scorso 11 settembre. E per quanto riguarda il recupero delle liste di attesa, l’iter è stato pure finanziato dal Ministero con 35 milioni”. Icardi ha anche sottolineato come le Asl avessero quasi smaltito le prestazioni in oggetto nel periodo estivo, con il calo della pressione Covid, risalita purtroppo in quest’ultimo periodo con conseguenti nuovi accumuli.

La Corte dei Conti ha poi constatato che le regioni hanno schiacciato l’acceleratore sull’assumere personale medico e sanitario, il quale però – tirando le somme – non si sa esattamente dove sia stato collocato, considerate le perduranti criticità in alcune regioni in affanno.

E poi c’è la problematica Usca, le unità speciali di medici e infermieri, adibiti all’assistenza a casa delle persone positive in isolamento domiciliare: anche su questo fronte sono pochissime le regioni che hanno provveduto in tal senso, contribuendo così ad alleviare lo stress Covid sugli ospedali. La media nazionale di Usca attivate è inferiore al 50%. Senza dubbio una sconfitta, per non parlare della carenza di infermieri. Secondo i dati forniti dalla Federazione degli ordini infermieristici dei 9.600 infermieri, da assumere con gli 818 milioni stanziati per il biennio 2020-21 dal già noto decreto di agosto, ne sono stati arruolati meno di un migliaio, pari al 10%.

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