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Sanità

Ospedale Alessandria, Origo: “Il bambino non è un piccolo adulto”

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Carlo Origo è il direttore del Dipartimento Pediatrico – Ostetrico (riunisce Pediatria, Chirurgia pediatrica, Ortopedia e traumatologia pediatrica, Ostetrica e ginecologia, Neonatologia e terapia intensiva neonatale, Neuropsichiatria infantile).

apparecchio per tamponi

Il Dipartimento è uno dei cuori pulsanti che batte su due fronti: l’ospedale infantile e quello civile. E questa peculiarità non ha molto riscontri in Italia, dove esistono tredici strutture pediatriche di cui solo due in capoluoghi di provincia, una è Alessandria e l’altra è a Brescia.

La pandemia ha condizionato, ma non fermato alcuni processi di sviluppo dell’Infantile. A quali obiettivi sta puntando? «Per rispondere, partirei da quello professionale per poi passare a quello strutturale. Per il Dipartimento le ultime novità sono rappresentate dall’arrivo di Fabio Sanguineti e Federico Schena alla direzione delle strutture di Ostetricia e Terapia Intensiva Neonatale, e poi dalla struttura dedicata alla chirurgia della mano, diretta Nunzio Catena che ha una esperienza estremamente qualificata nel settore (chirurgia della mano e microchirurgia ricostruttiva degli arti e del dorso) per la sua pregressa esperienza maturata all’ospedale “Gaslini” di Genova e oltre a essere membro della Società italiana della chirurgia della mano (Sicm). Sono convinto che avranno un ruolo forte per potenziare l’attrattività del Dipartimento, dell’Infantile e dell’azienda ospedaliera. Quelle cui poi guardo con particolare attenzione sono le importanti opere di rinnovamento strutturale previste già dal 2021. Quest’anno partiranno le gare di ristrutturazione e fra le opere previste vi sono quelle per il rinnovo delle sale operatorie e in generale degli ambienti. A questo aggiungiamo inoltre il progetto mamma-bambino che prevede il trasferimento della terapia intensiva neonatale al Civile e successivamente lo spostamento dell’ostetricia, per unirle in un unico polo. E non posso non ricordare le attività scientifiche, con numerose pubblicazioni nel 2020, che ci hanno visto impegnati anche durante la prima fase emergenziale della pandemia».

Progetti e investimenti che saranno destinati a cambiare il volto, l’organizzazione e la logistica interna dell’ospedale. «Vero. La struttura sarà non solo potenziata, ma vedrà l’introduzione di percorsi nuovi che renderanno più facile a agevole la gestione degli ambulatori, dei reparti e del blocco operatorio. Quello che sta per prendere corpo è il frutto di un atto che ha testimoniato ancora una volta il profondo legame fra l’ospedaletto e il territorio, una donazione di quattro milioni che ha dato la spinta propulsiva. L’aspetto più innovativo sarà rappresentato da tre nuove sale operatorie, affiancate da altre due per la chirurgia minore, oltre al blocco dell’anestesia, mentre è prevista una diversa collocazione dei reparti: la chirurgia occuperà il secondo piano, la pediatria andrà al primo, mentre a piano terra vi saranno gli ambulatori e il Day hospital. È poi prevista una revisione della logistica per la radiologia e il Pronto soccorso per rendere i flussi i più agevoli possibili, e non mancherà anche una rimodulazione degli spazi per la didattica interna e i visitatori».

Origo, direttore del reparto di ortopedia e traumatologia pediatrica, racconta l’altra rivoluzione che segnerà la storia del ‘Cesare Arrigo’, ovvero il trasferimento della terapia intensiva neonatale all’interno del civile (i lavori sono in corso) e successivamente lo spostamento dell’ostetricia con l’obiettivo di creare un nuovo e unico polo. «Infantile e civile sono vicini, ma anche lontani, per certi aspetti. La ristrutturazione di alcuni percorsi come quello ‘mamma – bambino’ vanno esattamente nella direzione di valorizzare entrambi, ottimizzando le strutture e il lavoro dei professionisti e creando un grande ambiente unico. Al ‘Cesare Arrigo’ il nuovo assetto interno consentirà di gestire al meglio la complessità del lavoro pediatrico. Qui il paziente non solo entra, viene curato e torna a casa, bensì è seguito per anni, durante l’intera crescita. Gestiamo patologie complesse, molto diffuse, che richiedono una assistenza continua. Mi passi la battuta, molti dei pazienti diventano quasi nostri parenti perché sono seguiti, insieme alle famiglie, per lungo tempo. Questo è il nostro lavoro».

E avete anche tempo per la ricerca. «Sì, a volte sembra quasi strano anche a me che ci riusciamo, ma è così. Lavoriamo in stretto contatto con l’Università del Piemonte Orientale e come Dipartimento abbiamo realizzato trentacinque pubblicazioni scientifiche, reperibili su Pubmed, il motore di ricerca di letteratura scientifica biomedica».

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