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Genova

Ponte Genova: pm, mai fatto più che una mano di vernice

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GENOVA – Sull’infrastruttura più importante di Italia “più che una mano di vernice non è mai stato fatto altro“.

Lo ha detto il pubblico ministero Massimo Terrile che insieme al collega Walter Cotugno sta illustrando, nell’udienza preliminare, i motivi per cui chiederà il rinvio a giudizio dei 59 imputati, oltre alle due società Aspi e Spea, per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 morti).

Il pm oggi ha discusso degli allora dirigenti del primo tronco di Aspi, quello che si occupa delle tratte autostradali liguri.

La filosofia era sempre la stessa, ha rimarcato l’accusa.

Non era il budget che doveva adeguarsi alle esigenze di sicurezza, ma erano le esigenze di sicurezza che dovevano adeguarsi al budget.

Gli esiti di questa filosofia, ha continuato il pm erano budget di 10, 15 mila euro all’anno (per le manutenzioni) per l’opera più importante di Italia. E chi decideva questa linea a cui tutti si adeguano? Il vertice, anche l’ex amministratore Giovanni Castellucci”.

Secondo quanto ricostruito dalla guardia di finanza gli allora manager non intervennero per evitare costi eccessivi e garantire maggiori dividendi ai soci.

I pm parleranno ancora questa settimana. Nelle udienze successive parleranno le parti civili, i difensori dei responsabili civili e infine gli avvocati degli imputati.

Secondo l’accusa tutti sapevano che il ponte era malato ma nessuno fece nulla per ridurre i costi, in modo da garantire maggiori dividendi ai soci.

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