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Economia

Menci, annunciata la chiusura: continua la lotta dei sindacati per difendere i posti di lavoro

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CASTELNUOVO SCRIVIA – Lavoratori della Menci stamattina riuniti in assemblea convocata d’urgenza. La situazione dell’azienda è improvvisamente precipitata.

Come annunciato dalle segreterie provinciali di Uil Uilm e Fiom Cgil, nell’incontro di mercoledì 8 giugno l’azienda ha dichiarato “di non aver trovato soluzioni alternative (eventuale collocazione logistica)” e ha confermato la volontà di chiudere il sito di Castelnuovo Scrivia.  

“La Menci S.p.A. che occupa 48 persone ha acquistato l’azienda Acerbi acquisendone anche il marchio nel 2019, rischia di diventare l’ennesimo caso di dismissione e delocalizzazione del lavoro, questa pratica, che è sempre più ricorrente, crea inevitabilmente drammatici contraccolpi occupazionali.”, spiegano i sindacati che, nell’assemblea svoltasi questa mattina, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori hanno individuato e condiviso un eventuale percorso di rivendicazioni in difesa del proprio posto di lavoro, da attuarsi in base all’esito del confronto con le parti datoriali che si terrà nella riunione prevista per il prossimo 21 giugno.

Credo che il gruppo Menci, oltre a distribuire colpe e responsabilità a tutti, fuorché a sé stesso, debba chiarire alcune cose partendo dal contratto d’affitto sottoscritto con la cessione del ramo d’azienda da parte della famiglia Acerbi che era di 6 anni più 6. – commenta il sindaco di Castelnuovo Scrivia, Gianni TaglianiL’accordo era quello di un canone concordato e calmierato per favorire l’operazione di acquisizione con il successivo aggiornamento allo scadere del terzo anno. Ovvero, quando Acerbi, proprietario dell’area, propose l’adeguamento del capannone su una richiesta di circa 7 mila metri quadrati. E, ovviamente, la riformulazione del canone da concordarsi tra le parti. Menci rispose di fermarsi. Dopodiché chiede che la risoluzione del contratto d’affitto  sia consensuale e senza strascichi sottoscrivendo, circa un anno fa e senza che nessuno fosse informato, un Accordo quadro in cui veniva posta come data di rilascio dello stabilimento settembre 2022 con possibilità di ulteriori tre anni.

“Raccontare ora – come ha fatto il gruppo Menci su La Nazione – che  la colpa è della guerra, del Covid, dell’aumento dei materiali e delle istituzioni, ovvero, che sono alla ricerca di un capannone, quando potevano averlo a disposizione senza rasentare il ridicolo nella loro operazione immobiliare, è inaccettabile. Come l’accennata “eredità” che in realtà è un acquisto consapevole e che forse doveva essere meglio meditato con un serio piano industriale.  Il Gruppo Menci dovrebbe evitare di far polemiche da asilo Mariuccia, dire chiaramente che l’ interesse nel proseguire la produzione in Piemonte è scarso e cercare insieme alle rappresentanze sindacali soluzioni condivise perché al centro non c’è la medaglia di Confindustria ma una quarantina di famiglie che vanno tutelate.” – conclude Tagliani.

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