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Cronaca

Sciopero dei medici di famiglia l’1 e 2 marzo

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Due giorni di astensione dal lavoro per chiedere più sicurezza ed indennizzi alle famiglie delle vittime del Covid. Per la prima volta i medici di famiglia – definiti da molti “eroi” durante la pandemia, da altri l’anello mancante della catena – proclamano sciopero tramite le sigle sindacali Smi e Simet, il Sindacato Medici Italiani e il Sindacato Italiano Medici del Territorio: lamentano carichi insostenibili, mancanza di tutele, una burocrazia aberrante e non ultimo il mancato indennizzo alle famiglie dei colleghi deceduti per Covid.

Uno schiaffo, da parte dello Stato, soprattutto agli orfani di quei medici. Due le giornate di protesta, con la chiusura degli ambulatori fissata per martedì 1 e mercoledì 2 marzo e, sempre per il 2 marzo con una manifestazione a Roma al Ministero della Salute. Sul piatto una serie di criticità, fra cui la delicata discussione sul contratto nazionale e la richiesta – da parte di alcune regioni – di far passare i medici di famiglia dal loro regime attuale di liberi professionisti alle dipendenze del Servizio Sanitario Nazionale.

Lo stato di agitazione, cui prende le distanza – per ora – la Fimmg, Federazione italiana medici di medicina generale, riguarderà circa 4mila medici di base, continuità assistenziale, del 118 e ambulatoriali aderenti alle sigle Smi e Simet. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha affermato, solo poche ore fa, come si stia lavorando sulla medicina generale: “L’obiettivo è una forte connessione tra medici di famiglia e Case di comunità”. Ma il nodo è inserirli (come chiede la Fp Cgil) o meno nel Servizio sanitario, questa l’ambiguità da sciogliere. 

Ad oggi in Italia sono più di tre milioni i cittadini senza medico di famiglia. “Il problema sta nelle risorse umane da reperire – sottolinea Antonello Santoro, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Alessandria –, dovremmo usare al meglio le persone che ci sono: in Italia ci sono 6000 professionisti che non sono né ospedalieri né medici di famiglia, perché non sono entrati né nella via della specializzazione delle università né in quelle delle Regioni. In questo modo la guardia medica potrebbe sopperire alla carenza di medici di medicina generale, così come si potrebbe favorire l’inserimento degli specializzandi negli ospedali”. E poi c’è il grande vulnus del numero chiuso alla Facoltà di Medicina (anche se è stata ampliata la platea dei posti), per non parlare dell’esodo all’estero dei giovani medici italiani che, oltre confine trovano contratti stabili e stipendi migliori.

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