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Cronaca

Lotta ai tumori: una possibile innovazione arriva da un team di ricerca con il novese Moncalvo

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NOVI LIGURE – Un progetto innovativo nell’ambito della lotta ai tumori, sfruttando le applicazioni della chimica e della fisica alla nanomedicina e alle nanotecnologie.

C’è anche il novese Filippo Moncalvo nella squadra di ricerca che sta studiando e sperimentando nuove tecniche nel settore biomedico. Dopo aver conseguito il diploma scientifico al liceo Amaldi, il ricercatore classe 1992 si è prima laureato in Ingegneria biomedica a Genova e poi in Bioingegneria al Politecnico di Milano.

Ed è proprio nel capoluogo lombardo che sta ora concludendo il dottorato in Ingegneria Chimica e Industriale, sotto la guida di Francesco Cellesi. “Attualmente sto lavorando a due progetti – racconta -. Il primo ha come obiettivo quello di sintetizzare polimeri (macromolecole di varia dimensione, n.d.r.) in grado di essere modificati ad hoc per rilasciare il principio attivo di un farmaco in modo che questo aggredisca solamente le cellule malate e non quelle sane. Si tratta di un approccio innovativo, che stiamo provando a sviluppare in collaborazione con ospedali milanesi come l’Humanitas e il Policlinico. La novità consiste nel fatto che, invece di iniettare il farmaco così com’è, lo si incapsula in queste particelle che hanno sull’esterno specifiche molecole che vanno ad interagire con le cellule malate favorendone l’internalizzazione. Le altre cellule sane che stanno attorno risentono meno degli effetti collaterali”.

Sono in corso test che stanno dando risultati incoraggianti. “Stiamo riscontrando degli effetti positivi in vitro, cioè in colture di cellule provenienti da reni, cervello e cuore – prosegue Moncalvo -. Nei prossimi mesi passeremo ai test in vivo, ovvero su animali, per valutare possibili effetti tossici a livello sistemico”.

Non è però questo l’unico progetto a cui Filippo sta lavorando. “A livello di dottorato mi sono occupato di uno studio finanziato dalla Regione Lombardia, che prevede lo sviluppo di una tecnologia in grado di far crescere i polimeri attorno alle proteine – aggiunge -. In questo modo, quest’ultima svolge la sua attività per un tempo maggiore a contatto col sangue. In sostanza, in questa maniera le proteine possono sfruttare uno strato protettivo che ne impedisce la rapida degradazione. Il nostro approccio prevede che la procedura di polimerizzazione avvenga in un ambiente acquoso e quindi green. L’idea è questa nuova tecnica possa essere utilizzata pure a livello industriale per produrre proteine terapeutiche modificate maggiormente stabili e in grado di mantenere la loro attività per più tempo”. 

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