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Cronaca

La quotidianità ai tempi del coronavirus

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Si cammina distanti l’uno dall’altro e, se si incrocia qualcuno dall’altra parte della strada, si rifugge da quell’abitudine tanto in uso in Italia di andarsi incontro, stringersi la mano, baciarsi.

Il servizio andato in onda nel nostro TG

Vietato ritrovarsi in luoghi potenzialmente affollati, vietato riunirsi in chiesa per pregare (i sacerdoti si sono attrezzati con dirette social, ma gli è interdetto di celebrare qualsiasi tipo di funzione religiosa), vietato accedere ad esercizi pubblici per sbrigare pratiche a meno che non sia strettamente necessario, vietato andare a teatro e al cinema, vietato andare a scuola per gli alunni e tutto il personale didattico.

È concesso lavorare da casa – laddove sia possibile impostare lo smart working – e sì – per chi se la sente e per chi non ha scelto la via dell’e-commerce – è possibile andare a fare la spesa con il risultato di una corsa all’approvvigionamento spasmodico e ai limiti dell’isteria collettiva nei centri commerciali ed un contemporaneo spopolamento dei mercati, dove la presenza di ambulanti cinesi è elevata e stratificata.

E così ci si ritrova divorati dal tarlo della malafede e della solitudine, ci si lamenta che forse si sta esagerando ma al tempo stesso ci si guarda storti, si indagano con nonchalance gli spostamenti e le frequentazioni delle proprie amicizie: la quotidianità ai tempi del Coronavirus sta logorando lo stato di salute emotiva e morale di gran parte degli italiani, anche di quelli che – in questo momento – sono lontani dalle zone rosse dove il tentativo di arginare il dilagare del Covid19 ha messo in campo pure l’esercito. Precauzioni legittime o eccesso di zelo? Il dibattito, tra la gente e nei talk di ogni livello – è diviso su due fronti. Le Regioni e – a ricaduta tutte le istituzioni collegate –  coinvolte dall’emergenza nazionale si sono allineate alle circolari e disposizioni attuative dettate dal Ministero della Salute che ha attivato una task-force che si riunisce quotidianamente e ha rafforzato la sala operativa del numero verde 1500 attivo 24 ore su 24 con medici formati ad hoc e mediatori cinesi. Nelle ultime ore sembrerebbe poi che la morsa del virus stia andando verso un’attenuazione, ad eccezione della Lombardia dove il presidente della Regione Attilio Fontana – in autoisolamento dopo la conferma di positività al test Covid19 di una sua collaboratrice – ha fatto sapere che la decisione di riaprire o meno le scuole in Lombardia sarà presa nel fine settimana. Stesso discorso per l’apertura degli stadi.

Nel vicino Piemonte è stato il presidente Alberto Cirio ad affermare che “ci sono finalmente le condizioni per chiedere al Governo un graduale ritorno alla normalità”. Il vuoto che, però, in questi giorni di precauzioni più o meno forzate, si è venuto a creare passa anche e soprattutto attraverso le tasche di quanti – a causa degli incassi mancati in bar e ristoranti, ma anche nelle sale cinematografiche, nei teatri, nei musei – hanno subito un tracollo economico e non sanno se saranno risarciti. Il comparto turistico trema: crollano le prenotazioni per Pasqua e anche oltre.

Sempre più Paesi sconsigliano l’Italia. E così, in attesa del caldo che- forse – dovrebbe portarsi via anche il Coronavirus, chi vive nelle aree ghettizzate fa i conti con la noia ed un isolamento snervante. Chi invece abita nelle immediate vicinanze è comprensivo, ma scalpita: c’è voglia di tornare ad azioni di normale convivenza quotidiana, togliendosi dalle spalle quell’appellativo di “untori” che sta mandando in tilt l’economia nazionale.

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