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Cronaca

Come cambiano le abitudini degli italiani ai tempi del Covid

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Dal lavoro alla salute, passando per la condivisione degli spazi e il modo di fare la spesa. Cambiano ai tempi del Covid-19 le abitudini degli italiani, che si ritrovano a lavorare più da casa (quando il luogo dove sono occupati lo permette) e, sempre da casa, intessono rapporti – forzatamente virtuali – con il mondo esterno.

La necessità, infatti, di arginare il dilagare della pandemia riducendo al massimo i rapporti sociali ha fatto sì che la maggior parte di noiabbia avuto e abbia tuttora meno interazione faccia a faccia, e, quando siamo in presenza, indossiamo le mascherine. L’equazione è presto fatta: meno interazione con persone al di fuori di quelle con cui viviamo e più tempo passato su Zoom, Skype e altre piattaforme.

È l’indagine social media Digital 2020 a riportare come, secondo quanto riferito da un approfondimento della Treccani, nei mesi primaverili della pandemia l’attività digitale sia aumentata significativamente, in particolare nei Paesi costretti al lockdown, così come sono aumentati sensibilmente l’uso dei social network, delle videochiamate, dello shopping online e del tempo trascorso a giocare con videogames. Sempre secondo questa indagine, l’uso di Facebook è cresciuto addirittura del 70%.

Se si pensa poi al modo di fare la spesa è schiacciante il sopravvento dell’e-commerce, che nella prima ondata di lockdown ha avuto un’impennata del 400%, a discapito degli acquisti nei negozi tradizionali, fortemente provati dal tira e molla di aperture e chiusura. E se l’effetto Covid, in una classifica pubblicata dal quotidiano Il Sole 24 Ore, a differenza di altre regioni del Nord non si farebbe sentire sulla qualità della vita in Piemonte (con un benessere nei territori che vede Torino migliorare e piazzarsi alla 21^ posizione, mentre Alessandria, pur salendo di 8 posizioni, è 75esima), sono invece le persone sole, gli anziani e i cassaintegrati i nuovi poveri, che si mettono in coda alle mense per ricevere un pacco alimentare e che, come ha riferito Torino Solidale, la rete creata dal Comune durante l’emergenza coronavirus per venire incontro alle famiglie in difficoltà, fa paura nei numeri.

“Prima dell’epidemia – spiegano dall’assessorato al Welfare – facevamo 9mila pasti al mese, ora la cifra si aggira a 19mila”. E la fiducia nel futuro? A parte quella nella Protezione Civile e nel comparto medico-sanitario, è purtroppo in caduta libera: in quest’ultimo periodo la tenuta emotiva è a rischio ed è boom di richiesta di piscologi: anche la gestione degli impegni scolastici dei più piccoli può essere motivo di tensione in famiglia. Da marzo ad oggi, di fatto, il Coronavirus è stato l’argomento principale dell’informazione e una ricerca condotta dalla Facoltà di Economia della Libera Università di Bolzano ha dimostrato che la domanda di informazione è direttamente proporzionale all’andamento dell’epidemia. Il bombardamento mediatico unilaterale ha tolto la possibilità di ossigenarsi con altri argomenti. Le continue imposizioni a singhiozzo stressano il sistema nervoso e il livello di sfiducia, in questo caso, va a picco – come rileva sempre l’indagine riportata dalla Treccani – quando si parla dei politici,  che sono all’ultimo posto, preceduti da sindacati e giornalisti.

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